tanto a poco

Ne è passato di tempo eh, tuttavia eccomi ancora qui, a scrivere di Whisky quando ho voglia o tempo ma soprattutto quando ho qualcosa da dire.

Tempo fa, e visti i miei tempi non saprei nemmeno dire quando, sono stato attirato in una Grande Distrubuzione dal Johnnie Walker Blender’s Batch #1, Red Rye Finish

Tiratura limitata (si fa per dire) un blend che come cita la retro etichetta:


“Ispirato ai sapori audaci dei whisky americani, questo è un esperimento attentamente valutato nel sapore dello scotch whisky, utilizzando un piccolo numero di whisky di malto e cereali estratti esclusivamente da botti ex bourbon di primo riempimento.
Affinato per un massimo di 6 mesi in botti ex segale per un perfetto equilibrio di intensa dolcezza.”

Secondo me è un esperimento davvero riuscito, il whisky è decisamente piacevole, facile certo, ma alla portata di tutti. Attenzione, non è decisamente adatto agli amanti dei torbati. Qui vince la morbidezza, la dolcezza che trasformate in note olfattive e gusto olfattive si possono riassumere in tanta albicocca, spezie, con un finale tendente all’ananas e cannella in tante sfumature.

Per 20 euro, ne vale la pena (se vi piace il genere)


Whisky e Terroir

Da Wikipedia: “Il terroir[1] (parola francese, pron. teru̯àr) può essere definito come un’area ben delimitata dove le condizioni naturali, fisiche e chimiche, la zona geografica ed il clima permettono la realizzazione di un vino specifico e identificabile mediante le caratteristiche uniche della propria territorialità.[2]

La Treccani definisce Terroir:

terroir ‹teru̯àr› s. m., fr. (propr. «territorio»). – Nel linguaggio enogastronomico, termine indicante il rapporto che lega un prodotto (vino, caffè, ecc.) alle caratteristiche del microclima e del suolo in cui è coltivato.”

La Treccani in effetti è più precisa nel termine indicando un generico prodotto enogastronomico senza limitarsi al Vino. E chi ha studiato “il mondo del Vino” (inteso come corsi AIS, FISAR….) ha ben presente quanto le sopra citate definizioni siano quasi riduttive su quanto effettivamente il Terroir sia, e quanta importanza sul prodotto finito questo abbia.

Ma perché tutto questo?

Perché mi sono imbattuto in questo articolo:

https://www.winemag.it/terroir-nel-whisky-come-nel-vino-uno-studio-dimostra-che-e-giusto-parlarne/

Che un po’ mi ha fatto riflettere:

Accidenti certo che un whisky ha terroir! …perché no?!…. Sappiamo tutti che ogni distilleria ha la sua impronta ben definita, quel meraviglioso risultato ottenuto da terreno, malto, acqua….

Ecco… soprattutto acqua. E terreno se pensiamo alla torba… e a quelle distillerie nelle Islay dove il mare ha un valore aggiuntivo importante.

Se prendiamo a caso qualche libro dedicato al mondo dei Whisky… si parla quasi esclusivamente di questi due fattori, ovvero acqua e “location”, e la Location era spesso scelta proprio in base alla disponibilità di una fonte d’acqua duratura.

In “Whisky di tutto il mondo” di Michael Jackson possiamo leggere:
“…siccome le Highlands e le isole beneficiavano di acque montane scorrenti tra granito e torba, non c’era dubbio che il loro whisky era quello di maggior carattere [..]”

e ancora: “[..] La Rosebank usa l’acqua dell’acquedotto cittadino, che è morbida [..]

per l’Auchentoshan: “[..] l’acqua del luogo proviene dal lago Cochno, si usano 4 diversi lieviti.[..]

Daniel Lerner, nel suo “Single Malt and Scotch Whisky” si avvicina maggiormente al termine di Terroir:

“[..] la quantità e qualità di torba usata durante il maltaggio; il contenuto minerale e le caratteristiche dell’acqua usata da ogni distilleria; la vicinanza all’oceano; il tipo di orzo; il grado di germinazione e di maltaggio; lo stile, la forma e le condizioni di alambicchi e distillatori; l’esperienza del mastro distillatore e infine il tipo di barili usati per l’invecchiamento e la maturazione del distillato. Ma non possiamo neppure dimenticare le fate, i boschi e gli spiriti dell’acqua, tutto quell’universo di mitologia e leggende che popola la Scozia e il mondo del Whisky.”

e ad un certo punto parla proprio di Terroir:

“[..]Questo stesso concetto di terroir può forse spiegare perché l’Aberlour abbia un gusto così diverso dal Tamdu? O perché Lagavulin e Laphroaig, due distillerie di Islay a un tiro di schioppo l’una dall’altra, producano dei malti con un aroma e un gusto così diversi come lo sono la vaniglia e la liquirizia? La disponibilità delle materie prime senza dubbio influenza il carattere del whisky prodotto. Di certo, la quantità di minerali presenti nell’acqua impiegata nella distillazione incide nella presenza di un carattere torboso o minerale. Lo stesso si può dire del processo di essicazione del malto: la quantità di torba utilizzata, la durata di esposizione dell’orzo al fumo, le eventuali altre sostanze che vengono bruciate insieme alla torba (l’erica per esempio rende il fumo di torba più piacevole) sono tutti elementi importanti.”

Ne “Il gusto del Whisky” di David Wishart

“[..] Lo Speyside ha la maggior concentrazione di distillerie della Scozia grazie al loro isolamento, adatto storicamente a operazioni illegali, e alla qualità dell’acqua. In genere la si attinge dalle sorgenti che alimentano il fiume Spey dai monti circostanti, ricoperti da un manto di torba ed erica che si estende su sottili strati di granito e quarzo. La pioggia che cade su queste dure rocce, non essendo assorbita, delfuisce rapidamente fino alle distillerie e nei mesi invernali l’acqua è molto fredda[..]”

e ancora:
“Oggi si ritiene che sia la qualità dell’acqua il fattore principale a influire sull’aroma del whisky, ma anche questo fattore è soggetto a cambiamenti a causa delle disposizioni UE sulla purezza delle acque alimentari.”

Non tutti però la pensano allo stesso modo e meno male aggiungo io.
C’è chi di Whisky ne sapeva davvero molto e a quel chicco da molta importanza, tratto da “Whisky eretico” di Silvano Samaroli:

“L’orzo, che costituisce la materia prima del Whisky, nasce dalla “madre terra”. Il suolo è un organismo vivente e sensibile. Claude Bourguignon, l’agronomo francese che più si è dedicato a studiarlo, sostiene che un grammo di terreno può contenere fino a un miliardo d’organismi viventi, organizzati in modo tale che ogni elemento permette l’esistenza dell’altro. Sono concetti che mettono a dura prova la nostra razionalità, nonostante questi dati siano scientificamente attestati.
Quello che invece non è dimostrato, e che io sono convinto essere non solo reale, ma fondamentale nell’avvicinarsi al Whisky, è la straordinaria prerogativa del chicco d’orzo di inglobare e ritrasmettere tutti gli effluvi, gli aromi e i profumi che riceve dal mondo esterno.”

Ma quindi mi viene da dire… Ma se molti considerano l’acqua un fattore determinante, perché puntare all’orzo? Perché dare importanza a quell’elemento che poi viene ammostato, seccato, macinato e rimescolato nuovamente con acqua calda e infine fermentato…
Ora, la mia parte materialista mi porta a pensare che ormai nel mondo del Whisky non è che ci sia molto da innovare, dai Blend si è passati ai Single.. dai lunghi invecchiamenti si è passati ai no age, dalla pura quercia ex Sherry a ex botti di Sauternes… Manca qualcosa per rilanciare….
Aspetta che ci penso… il Bio! il Terroir! ed ecco che tra qualche anno avremo la biodinamica nel Whisky…

Il secondo, che forse è più una speranza, è che qualcuno finalmente ha cominciato a pensare a rispettare maggiormente il territorio, esaltando ciò che è in grado di offrire e che la differenza, le annate positive e negative, magari una minor resa, non sono dopotutto un male… anzi… appartengono al concetto stesso di Terroir.
E ciò significa riuscire a diversificare ulteriormente: perché chi ama il vino apprezza quando da un vino, si perpepisce l’annata mentre il whisky deve essere “di fabbrica” come molti dei vini standardizzati?

Aspettiamo di assaggiare e nel frattempo, citando Crozza che cita qualcun altro… “riflettetteteci sopra…”

Note sui libri citati:

Michael Jackson, “Whisky di tutto il Mondo” edito da IdeaLibri
Daniel Lerner, “Single Malt & Scotch Whisky” edito da Konemann
David Wishart, “Il gusto del whisky” Bolis Edizioni
Silvano S. Samaroli, “Whisky eretico” Giunti editore.

Eventi, commemorazioni e dolci ricordi

E rieccomi… forse tornando a rivedere un poco di luce dopo mesi trascorsi tra architetti, ingegneri, muratori, geometri, ikea, leroy merlin, piastrellisti, idraulici, trasportatori, figu, oklaoma, sigarette….
si; ho ristrutturato casa con tutto ciò che ne consegue.

E in tutto questo tempo, gli hobby, interessi, passioni, amici…. sono stati un po’ trascurati… Ma come dicevo, forse si vede un piccolo bagliore… quel pezzo di carta con scritto: “fine lavori” è ormai giunto… questione di mettere qualche puntino sulle u come i crucchi e siamo a posto. Più o meno.

Ma di certo a voi dei miei lavori in casa non frega niente… voi vedete in foto 3 bellissime bottiglie e vorrete sapere il motivo per cui le ho messe.

Perché nella maggioranza dei casi parliamo del Whisky tralasciando un po’ il suo contenitore e soprattutto (in alcuni casi) del motivo per cui sta in quel contenitore con quella etichetta.
L’etichetta…
L’etichetta è quel pezzo di carta, il biglietto da visita che rappresenta il nostro Whisky dove l’utente medio legge la marca, l’interessato cerca un’annata, l’appassionato cerca un numero di cask, l’amatore cerca un motivo.
Ci sono casi dove non si imbottiglia solo un Whisky: si imbottiglia un evento storico, un’annata particolare, un traguardo raggiunto, o più semplicemente (e più poeticamente come nelle tre bottiglie sopra proposte) un’emozione, un pezzetto di cuore, un ricordo.
Perché quella di cui parliamo, è la serie dei Gatti di Giuseppe Bertoni del celeberrimo Mulligans a Milano.
Una serie di imbottigliamenti dedicati ai suoi Gatti, quelli che ha amato, che sono cresciuti con lui e che ha voluto ricordare grazie alla sua grande passione: il Whisky.
Ecco quindi (forse) che il contenuto va in secondo piano e non perché non sia buono, anzi: del naso e conoscenza di Giuseppe nessuno mette il dubbio ma ecco che la bottiglia diventa più di un semplice contenitore in vetro.

Non si tratta di un caso: sono tanti gli imbottigliamenti dedicati a persone importanti come ad esempio l’ Oban Old Teddy: prodotto in poco meno di 4000 bottiglie è dedicato al primo Master distillatore di Oban (chiamato appunto Old Teddy) oppure come Arran con il suo Master Of Distilling II The Man With The Golden Glass Single Malt Scotch Whisky dedicata al 12mo anniversario di James MacTaggart.
Ok dedicati a persone importanti, riferimenti per la distilleria… Ma quanti imbottigliamenti ci sono stati dedicati ai gatti? Dopo tutto i gatti sono fondamentali nelle distillerie: dove c’è orzo ci sono topi, e chi meglio dei gatti per cacciarli? (anche se “grazie” alle regole comunitarie legate ad igiene etc, ormai i gatti in distilleria sono puro decoro)
La Glenturret forse è stata una delle prime, con una statua prima:

e un cask poi, dedicato al gatto Towser (il gatto è quello nella foto sopra):

Un vero “recordGat..” visto che stando al Guinness dei primati, in 24 anni di onorato servizio, ha eliminato ben 28,899 roditori

Conoscete altri imbottigliamenti dedicati ai Gatti? fatemelo sapere!

PS
Sui social condividere un gattino fa sempre ottenere un certo successo…

PPS
I Gatti di Beppe sono un po’ anche i miei: da sinistra Micia, Sghilli e infine Bronte Emily Zaga, il mostro nero (in realtà è il marrone-nero ikea) che non ci fa dormire

Affinamento indignato!1!

Rompo questo lungo silenzio dopo l’annuncio dell’uscita dell’ultimo (ottimo) Longrow Red: la serie della Distilleria Springbank dedicata agli affinamenti in botti che hanno contenuto vino rosso.
La mia indignazione non sta tanto sull’affinamento perché a me piacciono gli affinamenti: indimenticabile l’Arran in Amarone, fantastico il Kilchoman in Sauternes… ma quello che mi fa rabbia è la superficialità con cui vengono dichiarati questi affinamenti.
Chiunque abbia una discreta passione nel mondo del Whisky, sa quanto il legno, la tipologia di legno sia importante nell’affinamento così come il passaggio, per non parlare di cosa ha contenuto prima (basti pensare ai risultati ottenuti usando botti ex sherry piuttosto che ex bourbon): cambia tanto… molto… cambia tutto.
Chiunque ha la passione del Vino, sa che dire “cabernet franc” piuttosto che pinot nero significa solamente indirizzare le aspettative, significa che nella degustazione, se so che nel bicchiere c’è un vino ottenuto da uno specifico uvaggio, mi devo aspettare certi profumi più o meno ricorrenti.
Doscorso simile per le botti…. botte grande e botte piccola… se pensiamo a come hanno rivoluzionato il mercato del Barolo (ma è un’altra storia)….
Però, perché c’è sempre un però, un appassionato sa che un pinot nero coltivato nell’Oltrepo’ Pavese è una cosa, un’altra è quello coltivato in Borgogna, altra ancora quello in Champagne o in Alto Adige.
In questi casi, la differenza c’è. Si sente al naso, alla bocca e al portafoglio.
Chiunque infine, abbia la passione del Whisky, del Vino, è Sommelier e pure pignolo, si imbestialisce quando vede certe etichette. Sì perché scrivere su una etichetta “affinato per due anni in botti di cabernet franc” mi fa nascere dal profondo un paio di domandine…
-Cabernet Franc? Ok… visto che cresce come la gramigna… di dove?
-Per quanto tempo le botti hanno contenuto cabernet franc?
-Di che passaggio erano?
-Di che annata era il cabernet franc?
-Com’era la tostatura?
-Quanto grosse le botti?
-Chi è il produttore del vino? (consentitemi: se è la cantina “vinellini truffaldini & co.” (spero non esista, la cantina. Il metodo purtroppo esiste eccome) che coltiva vigne a base di antiparassitari, diserbanti e anticrittogamici, preferendo quantità a qualità volendo vendere ettolitri ogni anno di vino a qualcuno che lo mischierà con altro vino dopo milioni di filtrature, aggiunte di acidi tartarici, lieviti che sanno già di prodotto finito…. per rivenderlo alla grande distribuzione in tetrapack è una cosa. Se si tratta invece di un serio piccolo produttore che preferisce qualità a quantità è un’altra)
-le botti di cabernet franc hanno solo affinato o anche fermentato?

Insomma, c’è talmente tanta entropia e varietà che dire affinato in botti di xxx è come dire: “vino rosso” o “vino bianco”

Ma come sei pignolo! direte voi. Verissimo. Si tratta dopo tutto di un “semplice” affinamento, tutte le mie domande e ridicole elucubrazioni non influiscono minimamente sul risultato finale.
Si? Davvero?
Quindi… Quando leggiamo “affinato in Sauternes”, considerando che, se si tratta di un “normale” Sauternes si trova a 30 euro la bottiglia (anche meno) ma se si tratta di Chateau D’Yquem a parità di annata il prezzo è di 400 è la stessa cosa?
E se aggiungo che nel secondo è vero che dura millanta anni in cantina ma è altrettanto vero che i solfiti aggiunti sono tanti che al 90% il giorno dopo avrete mal di testa (nel mio caso) è ancora la stessa cosa? (si vabè questa ve la concedo: i solfiti maggiori vengono aggiunti all’imbottigliamento altrimenti manco fermenta)

Temo sia giunto il momento di tirare le somme…: Assaggiate il Longrow perché come detto, Springbank fa grandissime cose e se vi piace ignorate pure i miei deliri mentali, ma magari un dubbio ve l’ho inculcato.

PS
L’alta quantità di solfiti aggiunta ai prestigiosi Sauternes ha un motivo molto valido: la grande quantità di zuccheri residui rischierebbero di far partire seconde fermentazioni non desiderate e per questo motivo i solfiti aggiunti sono ai limiti consentiti per legge poiché impediscono un’eventuale ripartenza della fermentazione. Non è un problema solo legato a Sauternes ma alla maggioranza di vini dolci. La soluzione è lasciare la bottiglia taaaanti anni in cantina così da consentire ai solfiti di diminuire (andate a cercare come, non farò un trattato sui solfiti qui, ma era giusto spiegare il motivo)

Whisky in Alsazia? Bien sur!

Durante i nostri viaggi enologici cerco sempre piccole distillerie di Whisky da scoprire ma mai mi sarei aspettato una zona così produttiva come l’Alsazia…
Alsazia… patria indiscussa di Riesling, Gewurztraminer, Pinot grigio e Moscato, fa anche parecchi distillati interessanti, come la grappa di Mirabelle (una varietà di prugne) anche se in realtà… distillano un po’ di tutto… E’ davvero facile trovare grappe per ogni gusto, da quella di pere william a quella di ciliegie (il Kirsch) dalle fragole al Marc di Gewurztraminer; per non parlare di quella di albicocche, mirtilli…. Insomma, ogni palato può esser soddisfatto…

Tranne il mio.
A me la grappa non piace.
Quindi parliamo di Whisky.

Il primo incontro è stato con la distillerie Meyer, situata a Hohwarth, è gestita in famiglia e anche lei ha una vastissima scelta di distillati, principalmente di frutti locali ma ultimamente (dal 2007) anche di Whisky.

Distilleria Meyer Alsace

Da loro ho assaggiato (ed acquistato) il Meyer’s Whisky Alsacien Pure Malt:

Si tratta del loro top di gamma, medaglia d’oro al  Concours Agricole de Paris del 2018; un singolo malto di doppia distillazione ufficialmente NAS ma che loro mi hanno confermato avere un invecchiamento di circa 8 anni.

Al naso l’ho trovato molto piacevole e abbastanza complesso, con note di caramello, miele ed un alcol bel gestito (40% Vol.)
Bella bocca, morbido, pieno
Il finale è la cosa che mi ha sorpreso di più, estremamente piacevole e piuttosto lungo, con note di caramello, prugna secca, erbaceo tendente al balsamico.

Per ora mi fermo qua, ma non senza salutare e ringraziare Alessandro, compagno di corso AIS e che nonostante non beva Whisky, è l’unico vero e confermato assiduo lettore di Uischi!

la rotazione del bicchiere col Whisky

si fa o no?

Frequentando uno dei tanti gruppi su facebook è emerso che durante la degustazione, roteare il bicchiere (per bagnare tutte le pareti col liquido) con il Whisky parrebbe controproducente perché ci si limiterebbe a far emergere l’alcool ma non gli aromi.

Non sono per niente d’accordo ed ecco perché.

Non consideriamo per un momento il Maestro Sommelier per eccellenza:

Ma basterebbe guardare qualcuno che di Whisky ne capisce giusto… “un pochino”:

e potrei anche fermarmi qui. Ma siccome sono pignolo e permaloso e quando mi si contraddice, per convincermi occorre provare ciò che si afferma altrimenti si rientra nelle Legge di Green sul Dibattito (tutto è possibile se non sai di che cosa si sta parlando)… ecco un po’ di argomentazioni e un paio di premesse.
Continua la lettura di la rotazione del bicchiere col Whisky

Kilchoman Club 6th Edition

Kilchoman Club 6thKilchoman Club, sesta edizione per questo imbottigliamento dedicato agli iscritti del Kilchoman Club (dal nome appunto…) che teoricamente doveva esser dedicata alla mia collezione: restare chiusa insieme alle altre, ma….
Ma purtroppo c’è stato qualche problema con il Sughero.
Ebbene si…. il Sughero, quell’oggettino che se di alta qualità costa poco meno di un paio di euro ma che se sfortunato è in grado di mandare alla malora il contenuto della bottiglia, sia essa di vino o whisky.
Ebbene ho ritirato il mio bel pacco speditomi dalla Kilchoman in perfetto stato, una volta aperta l’aroma di torba e fumo che è “esploso” dalla scatola mi ha fatto venire un brivido freddo… e aperta l’elegante confezione interna il brivido si è tramutato in un “ma noooo“: Continua la lettura di Kilchoman Club 6th Edition

ciao ragazzi…. sono tornato!

Chi mi ha dato per disperso, chi rapito dagli alieni (Gattone sei sempre con me) chi ancora pensava avessi abbandonato il mondo del Uischi…. (il blog che raccoglie più: “ah no… non era questo sito, chiudilo” della storia)… ebbene… ero solo a studiare, scusate 🙂
Ho passato l’ultimo anno in ritiro diVino, iscritto al terzo corso di Sommelier AIS ho, giustamente, dovuto studiare… e quindi tutti i frizzi e lazzi, Uischi e frazzi sono stati accantonati (pensate che ho ancora il libro “My Name is Whisky” incellophanato) ed è per questo che non sono nemmeno venuto al Milano Whisky Festival (anche per un altro motivo a dir la verità che i medici chiamano broncopolmonite) e quindi insomma….  sono passati 3 anni dall’iscrizione al primo livello… ma finalmente il 15 gennaio ho dato l’esame scritto, il 29 l’orale e ora, a quanto pare sono Sommelier (il diploma da esibire nei miei 5 minuti di “vuole fare lo sborone!” arriverà più avanti)… sono tornato quindi, ad infastidire chi ha goduto della mia assenza e a contribuire al mondo del Whisky con la stessa utilità di una zanzara in una risaia d’estate

PS
Chi fosse interessato a frequentare il corso di Sommelier, o lo stesse già facendo….. qui qualche consiglio:
diventare Sommelier AIS

ma che (Milano) Whisky festival (and Fine Spirits)!!!

Milano Whisky Festival 2017Come al solito sono in ritardo ma pur sempre in tempo per ricordare un appuntamento importante: il Milano Whisky Festival!

E’ un appuntamento fondamentale per tutti gli appassionati e quest’anno ci sono almeno 3 motivi per non mancare:

Avete la fidanzata, fidanzato, moglie, compagno, amante che si lamenta perché è sempre troppo affollato? Nessun problema! Quest’anno l’evento sarà presso la sala più grande dell’Hotel Mariott; una sala di oltre 1200 metri quadri! Più spazio per gli Espositori, più spazio per noi.

Non avete voglia di accompagnare la vostra dolce metà perché a voi piace il Cognac? Detto fatto! Quest’anno saranno presenti anche Spiriti che (a parer mio) nulla hanno da invidiare al Whisky, come Cognac ed Armagnac!

Siete degli amanti della lettura e vi annoia passare del tempo tra i banchi? Allora venite! perché ci sarà la presentazione del Libro:  “My name is Whisky” di Davide Terziotti, Fabio Petroni e Simon Murat.  Una raccolta di fortografie, interviste, aneddoti e racconti di 27 importanti figure nel mondo del Whisky.

3 motivi non sono sufficienti? Beh… allora ci sono le Masterclass! Dalle Special Release di Diageo alla Scoperta del Giappone, dalla Kilchoman alla Macallan! E vi piace il piccolo chimico? C’è la masterclass su come creare un Blend di qualità!!

Insomma… Whisky Festival and Fine Spirits 2017
11 – 12 Novembre 2017
Hotel Mariott, Milano
Via Washington, 66
Ingresso gratuito – Sabato 14.00-24.00
Domenitca 14.00-21.00

Per tutto il resto…. www.whiskyfestival.it

Linkwood 18 Hidden Spirits

Linkwood 18 Hidden SpiritsPotrei cominciare con un banale buonissimo e finirla qua. In realtà è intrigante, in continua evoluzione nel bicchiere e quindi non è così facile “farla breve” e non lo merita nemmeno! Perché sul fatto che Andrea Ferrari (Hidden Spirits) ha buon naso non ci piove (e se ci piove, Andrea ha l’ombrello) e anche questo Cask che ha selezionato merita davvero.

Riassuntino generale:
Linkwood 18 anni, LKW .716
Hidden Spirits
Cask lk9716
Distillato nel 1997 ed imbottigliato a Febbraio/2016
48% Vol
(Speyside)

Naso
Appena aperto il sample è comparsa un po’ di gomma bruciata e una nota alcolica per il mio gusto un po’ troppo evidente. Ma è bastato lasciarlo nel bicchiere a tulipano qualche minuto  per far emergere
una piacevolissima nota tendente al dolce molto intrigante: una via di mezzo tra il caramello, la vaniglia e i datteri, tutto circondato da agrumi e note balsamiche

Bocca
In bocca è morbido, direi quasi oleoso, si ripresentano le note dolci a cui si aggiungono agrumi, resina e note balsamiche verso il finale

Finale
Persistente e balsamico perde la dolcezza del naso ma guadagna liquirizia e resina

Bicchiere del giorno dopo
Resina balsamica

ma parla come bevi!